mercoledì 27 luglio 2011

CASO NARDUCCI, L'IMBARAZZO DI RAFFAELE CANTONE


Scritto da: Marco Demarco

Come disciplinare il rapporto tra magistrati e politica? Su "Il Mattino" interviene Raffaele Cantone, magistrato che il problema lo ha egregiamente risolto declinando tutti gli inviti, e sono stati molti e pressanti, a candidarsi come sindaco di Napoli. Cantone è dunque degno della massima attenzione. E' fonte autorevolissima. E tuttavia, nell'affrontare un caso specifico, forse il caso emblematico, quello del pm Narducci, diventato assessore nella stessa città in cui esercitava la funzione di pubblico ministero, anche Cantone sembra imbarazzato.

Definisce infatti legittima la decisione di Narducci. Legittima perché non vietata da una legge. Cita, ma nella sostanza sorvolando, l'esistenza di un codice deontologico che vieta ai magistrato quella scelta. E sorvola nonostante Cantone faccia parte del collegio dei probiviri dell'associazione che quel codice ha voluto e approvato, vale a dire l'Anm, l'associazione magistrati. Ne dobbiamo dedurre che i codici deontologici non servono a nulla? Vediamo.

Cantone dice che per disciplinare l'incompatibilità tra toghe e politica serve una legge. Del resto, lo dice anche Napolitano. Lo dicono tutti, insomma. Ma questa legge non si fa. Perché? Semplice, non si fa perché ci sono leggi difficili a farsi. Prendiamo questa, appunto. Il vicepresidente del Csm, Vietti, sostiene che una tale norma dovrebbe sancire l'impossibilita, per il magistrato che entra in politica, di tornare poi un giorno nel suo ufficio. Per costui, dice Vietti, bisognerebbe piuttosto prevedere il passaggio obbligato ad un altro ramo dell'amministrazione pubblica. Giusto? Sbagliato? Cantone dice che sarebbe sbagliato, perché l'incompatibilità non deve apparire come una sorta di punizione. E allora? Allora altra cosa sarebbe se una simile misura scattasse anche per i prefetti che si impegnano in politica, o per i dirigenti delle agenzie delle entrate, o per i dirigenti ministeriali.

Di questo passo, però, non si finisce più. Ecco, allora, perché esistono i codici deontologici: per non buttare sempre la croce sul legislatore. E chi meglio di un magistrato dovrebbe dimostrare senso civico e patriottismo civile? E invece no. Anche i magistrati invocano una legge che regoli quel che già il buonsenso dovrebbe bastare a regolare. Il caso Narducci, se c'è ancora chi è disponibile a discuterne senza fanatismi, dice tutto questo.

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